Coronavirus: aggiornare il DVR?
Sul tema dell’aggiornamento del DVR contemplando il Coronavirus si è purtroppo generata una sorta di psicosi che ha spesso determinato la pretesa di misure drastiche rispetto alla normativa, specificatamente per la sicurezza sul lavoro secondo il D.Lgs.81/08 e s.m.i., diffondendo anche in modo errato indicazioni che invero il legislatore non ha mai richiesto se non per specifiche attività lavorative.
Si allega la nota dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro che chiarisce la questione.
La confusione nasce dal considerare l’esposizione al Corona Virus come rischio professionale a prescindere dal settore e dall’ambito lavorativo, per cui ne conseguirebbe inevitabilmente una revisione del Documento di Valutazione dei Rischi, delle misure preventive e protettive e di quelle a carattere sanitario.
Capita così di leggere che “una valutazione del rischio specifico per COVID-19 è ritenuta obbligatoria per tutte le fattispecie in cui il rischio legato all’attività sia diverso da quello della popolazione generale. In prima battuta tutte le attività che espongono all’interazione con persone modificano il livello di rischio, ancorché i contatti avvengano in ambienti di lavoro. Si applicano quindi il titolo X sugli agenti biologici e i disposti generali del titolo I del D.Lgs. 81/08."
Non è così.
La questione parte dal principio incontrovertibile che i rischi che si devono valutare all’interno del DVR sono quelli che rientrano tra quelli professionali e cioè i rischi per la sicurezza sul lavoro a cui è esposto un lavoratore nell’espletamento della sua attività lavorativa nella specifica mansione e all’interno dell’organizzazione aziendale ove il Datore di Lavoro ha disponibilità giuridica anche sulle misure compensative, preventive e protettive che può disporre in base ai propri poteri direzionali.
La conferma di ciò, se serve, deriva dalle definizioni stesse del D.Lgs. n. 81/08.
art.2 comma 1 lett.n) D.Lgs.81/08: «prevenzione»: il complesso delle disposizioni o misure necessarie anche secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute della popolazione e dell’integrità dell’ambiente esterno;
art.2 comma 1 lett.l) D.Lgs.81/08: «servizio di prevenzione e protezione dai rischi»: insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all’azienda finalizzati all’attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali per i lavoratori;
Pertanto, ogni qual volta il legislatore fa riferimento al termine “tutti i rischi”, citati per esempio nell’art.28 (valutazione dei rischi) o art.15, non può che far riferimento ai rischi professionali che siano quindi endogeni all’organizzazione aziendale o comunque collegati all’attività svolta.
Il rischio biologico da Corona Virus è da intendersi rischio professionale?
La risposta è: dipende dalle attività svolte dai lavoratori.
Certamente è un rischio professionale per chi espleta mansioni specifiche che determinano un incremento dell’entità del rischio rispetto alla popolazione, essendo così in tal caso “rischio da contatto deliberato” oppure “rischio da contatto accidentale aggravato”, mentre non è un rischio professionale per tutti gli altri casi.
Nel D.Lgs. 81/08 esiste un capitolo espressamente dedicato al rischio biologico, il Titolo X il quale, all’art. 271, definisce le norme per la valutazione del rischio.
Art. 266 comma 1 D.Lgs.81/08 (Campo di applicazione): Le norme del presente titolo (agenti biologici) si applicano a tutte le attività lavorative nelle quali vi è rischio di esposizione ad agenti biologici.
Di fatti, il Titoloo dedicato al rischio biologico riguarda le attività lavorative ove ci sia un rischio da esposizione ad agenti biologici, ove l’attività lavorativa sia quella intesa nel senso espresso sopra, ovvero ove si possa parlare di esposizione professionale, che tenga quindi conto della reale esposizione deliberata ad agenti biologici.
La stessa normativa riporta il successivo art.271 comma 4:
art.271 comma 4 D.Lgs.81/08: Nelle attività, quali quelle riportate a titolo esemplificativo nell’Allegato XLIV, che, pur non comportando la deliberata intenzione di operare con agenti biologici, possono implicare il rischio di esposizioni dei lavoratori agli stessi, il datore di lavoro può prescindere dall’applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 273, 274, commi 1 e 2, 275, comma 3, e 279, qualora i risultati della valutazione dimostrano che l’attuazione di tali misure non è necessaria.
L’allegato XLIV esemplificativo, riporta i seguenti casi che rientrano nelle situazioni di rischio accidentale aggravato, ovvero:
- Attività in industrie alimentari.
- Attività nell’agricoltura.
- Attività nelle quali vi è contatto con gli animali e/o con prodotti di origine animale.
- Attività nei servizi sanitari, comprese le unità di isolamento e post mortem.
- Attività nei laboratori clinici, veterinari e diagnostici, esclusi i laboratori di diagnosi microbiologica.
- Attività impianti di smaltimento rifiuti e di raccolta di rifiuti speciali potenzialmente infetti.
- Attività negli impianti per la depurazione delle acque di scarico.
L’elenco non è esaustivo, ma chiarisce in modo chiaro quale è l’ambito in cui bisogna ricercare queste condizioni di “rischio accidentale aggravato”, ovvero ove il rischio non sia ritenibile sovrapponibile a quello della popolazione. Si è espressamente voluto escludere tutte quelle attività per il quale il rischio biologico non è un rischio professionale, ovvero è un rischio del tutto comparabile a quello della popolazione non lavorativa. Ne sono un esempio imprese edili, aziende produttive, logistica, carpenterie, uffici, negozi comuni, ecc.
Per queste attività la valutazione del rischio biologico sarebbe equiparabile alla valutazione del rischio chimico a causa per esempio dell’inquinamento atmosferico.
Sono in sostanza attività per le quali non è maggiore la probabilità di contagio comparata alla probabilità di chiunque altro nella popolazione andando a fare la spesa, oppure andando alla posta, uscendo in auto, incontrando normalmente gente e propri parenti.
Ed ecco che per esempio un impiegato e un magazziniere, non hanno un maggior rischio biologico di ammalarsi della COVID-19 rispetto a quello che avrebbe andando al supermercato o al bar sotto casa o andando a prendere un figlio a scuola, solo perché si spostano per andare in azienda o semplicemente nel territorio (fuori dai focolai ovviamente, visto che per gli stessi esistono già restrizioni, quindi gestiti ab origine), o perché si è seduti alla scrivania lavorando al videoterminale con i colleghi accanto. Quindi costoro non sono soggetto alle specificazioni del Titolo X del D.Lgs.81/08.
Naturalmente nella piena diligenza del Datore di Lavoro e nel rispetto dell’art.2087 cc, devono essere adottate misure generali come già previsto dal Ministero e degli enti sanitari preposti, nelle recenti pubblicazioni, tramite l’adozione di cautele dettate dall’autorità, oltre al dovere di mantenersi aggiornato sulla loro evoluzione. In tal senso, vanno predisposte comunicazioni ed informative chiarificatrici delle misure generali da adottare ed ogni ulteriore misura di prevenzione dettata dal datore di lavoro in relazione a quanto egli ritiene eventualmente necessario promuovere in aggiunta.
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